Burn out, che fare?

Nella gran parte delle organizzazioni in cui il cosiddetto smart working è diventato un nuovo standard, si osservano fenomeni di stress piuttosto accentuati. Naturalmente questo disagio non riguarda tutti gli smart worker, ma è diffuso e riguarda comunque una parte significativa e degna di una risposta. Secondo Bloomberg, la giornata lavorativa dura da una a tre ore in più, si fanno più riunioni e si inviano più e-mail, almeno 8 al giorno fuori dall’orario di lavoro.

I segnali di stress sono meno visibili, così spesso i team leader non li colgono e i loro team member rischiano il cosiddetto burn out, uno stato di prostrazione che impatta molto negativamente sui risultati. Secondo una ricerca di Monster.com soffrirebbero di burn out due lavoratori su tre, ovvero il 20 per cento in più rispetto ai mesi che hanno preceduto il lockdown.
Come rispondere a questo stato di cose?

Le risposte che le organizzazioni mettono in campo, almeno tra quelle che ho osservato, sono molto diverse e sono classificabili in tre diversi approcci:

  • normativo
  • psicologico
  • relazionale

L’approccio normativo consiste nell’elaborazione di nuove regole di comportamento: rispetto degli orari, attenzione nel non sovraccaricare, distinzione più rigida del tempo lavorativo e del tempo “personale”.
L’approccio psicologico consiste nel sostegno agli smart worker più in difficoltà, tramite attività di coaching, counseling e laboratori emozionali di gruppo. L’approccio relazionale, di gran lunga il più impegnativo, consiste nel generare un nuovo tipo di relazione tra i team leader e i team member, facendo così sedimentare un modello di leadership volto a generare autonomia da parte del team member, un modello meno incentrato sugli obiettivi e più sulle sfide di crescita, meno incentrato sull’individuazione dei gap e più sull’esplorazione dei fattori di successo, meno incentrato sulla valutazione periodica e più sull’accompagnamento continuo, meno incentrato sulla rigida divisione tra leadership e execution e più volto a diffondere la leadership.

Con ogni probabilità, va previsto un approccio misto, che integri nuovi elementi normativi e sostegno psicologico, ma non rinunci alla sfida più impegnativa, ma anche più coerente con i nuovi paradigmi che l’epoca 4.0 chiede di adottare, quei nuovi paradigmi che l’emergenza sanitaria ha messo in maggior evidenza, ma che avevano bussato alla porta da quel dì.

Da questo punto di vista, la formazione dei team leader a un esercizio coerente della team leadership, rappresenta un investimento cruciale, senza il quale gli sforzi volti alla definizione di nuove regole e a sostenere gli smart worker in difficoltà, rischiano di essere vanificati.