Wind of change cantavano gli Scorpions all’indomani del crollo del muro, una brezza di libertà che con il tempo aveva preso potenza ed aveva travolto il sistema dispotico comunista, un vento alimentato dalla voglia di libertà di centinaia di milioni di individui costretti a vivere in un sistema ottocentesco. Poi sono arrivati Internet e le nuove tecnologie e quello che era un vento si è trasformato in un uragano, e si sa che gli uragani spazzano via tutto ciò che incontrano o comunque lasciano evidenti segni del loro passaggio. A questa regola non si sottraggono nemmeno le nostre società le quali stanno vivendo, almeno nell’ultimo decennio, un profondo cambiamento.
Il Covid sembrava aver rallentato questo processo, ma a guardare oggi il fenomeno con occhi sospettosi, si potrebbe dire che è stato un primo potente stress test. Durante il Covid sono avvenute cose che sino a poche settimane prima della pandemia erano assolutamente impensabili, restrizioni alla libertà di movimento e sospensione di alcune garanzie costituzionali che neanche negli ultimi avamposti dei regimi mondiali erano in vigore. Giustamente, la popolazione si era adeguata, in gioco c’era la protezione dei più deboli, la salute comune, i nostri cari anziani ed un futuro a tinte fosche.
Con il Covid, per la prima volta da ottanta anni a questa parte, la libertà è diventata un principio sopprimibile o comunque limitabile. Di colpo le conquiste accumulate in tanti decenni svanivano in nome di un bene più alto.
Pensavamo anche in quel periodo di aver raggiunto il picco del livello di disinformazione ed invece assistevamo solo alla prima breccia nella diga, che da li a poco sarebbe crollata. E’ stato con l’invasione russa dell’Ucraina che il fenomeno è diventato irreversibile, un fenomeno che ci costringe oramai a vivere in un mondo orwelliano dove è diventato molto difficile, anche per gli addetti al mestiere, discernere tra ciò che è vero e ciò che è falso. I maggiori responsabili della disinformazione in TV, che rimane il media più importante, non sono i buffi personaggi che vengono radunati durante i talk show, ma i conduttori stessi che organizzano dei veri e propri sabba dell’informazione, personaggi che solo la storia ci dirà perché abbiano venduto la loro dignità a favore di un progetto che mira a distruggere la nostra Democrazia.
Questo è forse il punto focale sul quale ci si dovrebbe concentrare nel presente, scevri da ideologie e con una certa capacità di valutazione. E’ chiaro che il modello di cui abbiamo goduto per 80 anni, con buona pace di Churchill (“La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”), sta per essere soppiantato da qualcosa di completamente nuovo ed in nessun modo paragonabile nel passato.
Questo “qualcosa di nuovo” sembra essere il vero tallone di Achille della vecchia Europa. Guardandosi intorno, alcuni modelli alternativi alla Democrazia sono da tempo sul tavolo e alcuni Governi li stanno proponendo, si possono giudicare balzani o esserne entusiasti, ma sono dei modelli che sono destinati ad occupare (magari perché imposti) dei vuoti. Milei, per esempio, propone un modello ultra-liberista, un anarco-capitalista con idee abbastanza bigotte sulla famiglia, ma anche qui non ascrivibili ai contenitori novecenteschi sui quali ci siamo formati tipo destra e sinistra.
L’avvento di Trump sta portando l’America laddove non avremmo neanche immaginato nella più avvincente serie Netflix, un orizzonte fatto di oligarchie e controllo dell’informazione, dove non c’è spazio per l’emarginazione e per tutte le forme sociali che non producano profitto. Si parla apertamente di soggiogare popoli se non sono d’accordo con le teorie trumpiane e si usano minacce economiche e ritorsioni come leve politiche.
Poi abbiamo il modello arabo jhadista, questo non certo nuovo, ma pur sempre differente nella sua visione di vita, rispetto alla visione occidentale, un modello che vorrebbe anche qui eliminare coloro che non si convertono, con una visione molto patriarcale della società e con un occhio più rivolto al passato che non al futuro.
La Cina propone un modello misto tra comunismo e capitalismo, nuove ambizioni imperiali e un posto preminente allo sviluppo militare.
Infine il modello russo, che è quello che probabilmente ci riguarda più da vicino e che potrebbe essere il prossimo nostro modello sociale. Il modello russo è quello ampiamente divulgato da Aleksandr Dugin con la “Quarta teoria politica” ovvero il superamento del liberalismo globalista e della democrazia, a favore di un impero euroasiatico da Lisbona a Vladivostock, un sistema che riprende i caratteri del comunismo e del nazional-socialismo e vi aggiunge delle caratteristiche islamiche.
In tutto questo movimento mondiale, si assiste al vuoto cosmico europeo. Sfido chiunque a citare un nuovo modello sociale: forse l’unica proposta di un certo rilievo che si possa ricordare negli ultimi anni, è stato il GreenDeal. Ci si deve preoccupare perché laddove c’è un vuoto, è riconosciuto che un qualcosa lo riempirà, e con gli attuali tools utili al lavaggio del cervello delle masse, non necessiterà molto tempo a convincere le popolazioni che il modello Dugin o quello Trump sia migliore della nostra vecchia Democrazia.
Se guardiamo alla situazione italiana è, se possibile, ancora più sconfortante di quella europea. Nel Belpaese si è ancora politicamente ancorati a discutere prevalentemente di fascismo e antifascismo, di Ventotene, di tematiche che quando va bene hanno almeno cento anni, cose che i nostri politici discutevano nel Parlamento italiano quando ci si muoveva ancora con le carrozze e il telefono era stato inventato da poco. Nel Parlamento italiano il tempo sembra essersi fermato, le persone che vi entrano per rappresentare gli italiani cadono in una specie di ipnosi collettiva che li riporta agli antichi fasti di Giulio Cesare, si trastullano spesso in discussioni totalmente inutili mentre il mondo fuori corre e i barbari sono alle porte. E si, perché nel caso non ve ne foste accorti, siamo al 476 D.C. e che si faccia chiamare Trump, Putin o Xi, abbiamo un Odoacre fuori dalla porta, ansioso di venirci a dire come si dovrà vivere a partire da domani.