CONTEMPORANEA

PERIODICO

DI RIFLESSIONE POLITICA

"Il nostro intento consiste nell'osservare la realtà con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo mai rivolto al passato"

by Alessandro Chelo

A cura della redazione

Perchè CONTEMPORANEA?

Perchè il mondo cambia con velocità e intensità inusitate, mai sperimentate fino ad oggi. Non basta dirlo, bisogna tenerne conto, bisogna adottare nuovi paradigmi e, per farlo davvero, bisogna lasciare andare le vecchie credenze e i vecchi ancoraggi. Bisogna mollare gli ormeggi e iniziare a guardare il mondo con occhi nuovi, osservando la realtà con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo mai rivolto al passato. Non serve rimpiangere il bel tempo andato, occorre scovare l'innovazione e comprenderla, da qualunque parte essa provenga, in qualunque forma si presenti, impegnandosi affinchè il nuovo tempo non sia terreno di rivincita, ma di emancipazione; non di recriminazione, ma di accrescimento.

Pensiamo che il mondo stia entrando in una nuova fase, una fase post-bellica che va oltre i vecchi blocchi contrapposti. Anche l'Italia, se vuole volgere lo sguardo al futuro, è chiamata a porre le basi di una nuova fase storica, che superi quella post-bellica. Tale fase nuova va inevitabilmente oltre quel patto fra mondo cattolico e mondo comunista che ha rappresentato le fondamenta del patto post-bellico e che, grazie alla sua compatibilità con lo scenario geo-politico del tempo, ha consentito, anche grazie all’espediente retorico dell’antifascismo, un’ampia “intesa” nazionale e ha garantito anni di prosperità e di sviluppo. Il declino degli ultimi decenni ci chiama oggi a una scelta. Essa si fonda su un interrogativo: difendere e conservare quel patto fondativo post-bellico, oppure innovare, generando un nuovo patto costitutivo di una nuova Repubblica? Pensiamo alla seconda via, pensiamo a un'Italia sempre più libera, sempre più aperta, sempre più prosperosa.

Ci lavoreremo. Proveremo a farlo attraverso le nostre rubriche: Caro amico ti scrivo, Il dito e la luna, Il punto di vista, Solleticando. Il nostro stile cercherà di coniugare profondità di pensiero con snellezza. Insomma, pensiamo che si possa approfondire senza per forza dover esibire faticosi pezzi di difficile lettura. Al fine di facilitare la lettura, inoltre, non prevediamo alcun inserto pubblicitario: chi desidera sostenere questa iniziativa, può farlo elargendo una personale donazione.

Grazie a chi ci seguirà, grazie a chi ci sosterrà.

20 ottobre 2025

PENSIONI: LE SEI VERITA'

di Alberto Fusi

Quando il Ministro Giorgetti annunciò le linee guida della manovra 2026 disse che ammontava a 16 Mld di euro e che, dati i vincoli derivanti dalla necessità di uscire dalla procedura di infrazione EU, nutriva forti dubbi sulla possibilità di trovare risorse aggiuntive per bloccare l’aumento dell’età pensionabile previsto per il 2027 (il cui costo stimava in circa 3 Mld). Oggi la manovra 2026 è stata definita ed ammonta a 18,7 Mld di euro. Quindi sono state trovati 3 Mld aggiuntivi, ma neanche un euro è stato destinato a questo scopo. Tutti d’accordo, maggioranza ed opposizioni.

La prima verità – innegabile – è quindi che per la politica italiana il (legittimo?) interesse dei cittadini a ritirarsi dall’attività lavorativa a 67 anni non è una priorità. Siccome non è un problema di risorse finanziarie – che sono state trovate e destinate ad altro – ci deve essere un fondamento ideologico dietro questa “damnatio” del pensionamento. 

è proprio questo “non detto” che vorrei approfondire nelle righe seguenti.

Perché si dice che bloccare l’aumento dell’età pensionabile costerebbe 3 Mld? Agli occhi dell’uomo comune è difficile capirlo. Non stiamo parlando di una modifica migliorativa della legge Fornero. Non stiamo parlando di abbassare l’età pensionabile da 67 a 66 anni, ma di mantenerla com’è. Perché dovrebbe comportare costi aggiuntivi? 

La seconda verità è che INPS, da dopo la Pandemia, ha scelto di inserire illegittimamente nei suoi calcoli attuariali, e quindi nei bilanci e nella pianificazione economica, l’aumento di tre mesi ogni due anni dell’età pensionabile. Questo comporta ovviamente che, se non lo si attua, bisogna rifinanziare l’Ente. Perché diciamo che il comportamento dell’INPS è illegittimo? Perché la legge Fornero richiede la pronuncia dell’ISTAT sull’andamento dell’età media in Italia, che nel momento in cui sono stati rivisti i conti non c’era ancora. Qualcuno ricorderà la “gaffe” dell’INPS lo scorso anno quando aggiornò automaticamente le date di pensionamento sul portale facendo insorgere mezza Italia. Allora la politica stigmatizzò questo atto unilaterale dicendo che il Governo ed il Parlamento avevano facoltà di bloccare questo incremento e che fino ad allora INPS non poteva agire. Nottetempo è stato modificato il portale, ma non l’idea truffaldina di fondo. Dubito però che un Presidente INPS, data la palese illegittimità di tale comportamento, possa aver agito così senza l’avallo del Ministero e della politica tutta. 

Terza verità: quindi, gli incrementi dell’età pensionabile fino a 70 anni sono stati già decisi. Rassegnamoci e non crediamo a chi promette il contrario.

Guardiamo avanti. Leopardi scrisse : “quando più de’ carmi il computar si ascolta….” . Nel dibattito sull’età pensionabile ci si nasconde dietro i numeri cercando di presentare il suo incremento come una necessità matematicamente dimostrata. L’aspettativa di vita aumenta, i giovani diminuiscono…possiamo solo ridurre le pensioni in quantità e tempo di fruizione (che oggi, data l’aspettativa di vita media maschile, secondo ISTAT di 81 anni, si è ridotto a circa13 anni). 

Diciamo adesso la quarta verità: è solo questione di convenzioni contabili. La spesa pensionistica è computata nel bilancio degli Stati come a carico della fiscalità generale e quindi essa grava sul debito pubblico. Non si capisce il perché: una spesa andrebbe considerata a carico della fiscalità generale, solo quando fosse interamente finanziata con le imposte. La spesa pensionistica è invece finanziata in massima parte coi contributi dei lavoratori solo minimamente integrati da risorse pubbliche. Per intendersi: su circa 280 Mld di spessa pensionistica, credo siano solo 50 i Mld della GIAS (gestione interventi assistenziali e di sostegno finanziati con trasferimenti statali). E’ molto controversa tra gli esperti la correttezza dell’attribuzione alla spesa pensionistica delle forme assistenziali, ma basta dire che se questa venisse scorporata, l’incidenza della spesa pensionistica sul PIL scenderebbe dal 15 a 12%. Non si riesce poi a non rilevare la contraddizione del fatto che da un lato si dice che le pensioni oggi sono “contributive” (= più versi, più prendi), mentre contabilmente vengono trattate come imposte. Vengono versati i contributi che coprono abbastanza bene le pensioni pagate al netto di tutte le altre forme di assistenzialismo, ma l’incidenza sul PIL è calcolata con tutto il montante di spesa dell’Ente. Se fosse calcolato solo su quanto lo Stato deve integrare, e quindi effettivamente sborsare perché tutto il resto viene pagato dai contributi dei lavoratori, l’incidenza della spesa pensionistica sul bilancio dello stato sarebbe irrisoria. E se sottraessimo quanto ritorna allo Stato sotto forma di IRPEF… . Anche in questo caso si tratta di una verità così evidente che solo motivazioni di carattere ideologico e non contabile possono portare ad ignorarla.

Veniamo allora alla quinta verità: perché tutte le forze politiche, nessuna esclusa, ce l’hanno con le pensioni? La risposta a questa domanda, come dimostrato prima, non sta nei numeri ma nell’ideologia. L’archetipo culturale che opera sullo sfondo si chiama “avversione alla rendita” ed ha origini antiche. Risale alla Rivoluzione francese ed alla lotta all’Ancient Regime. Prima di allora la rendita (agricola allora) era il sogno di tutti: dall’antichità romana a tutto il medioevo ed all’età moderna, oligarchie privilegiate rastrellavano “decime” e vivevano senza lavorare sulle spalle di immense masse popolari sfruttate. Anch’esse sognavano però di avere una rendita, magari ereditaria. Un poeta che amo moltissimo - geniale quanto spiantato - in un suo libercolo di fine Ottocento, per indicare il suo ideale di vita scrisse: ”je serais rentier”, intendendo la libertà dal lavoro salariato. La Rivoluzione borghese di fine ‘700 però non fu solo istituzionale ma anche culturale. Introdusse una nuova etica, di cui siamo tutti figli ancora oggi, per cui l’unica ricchezza moralmente valida è quella derivante dallo scambio (di prodotti, di prestazioni con salario … ). Ricordate Max Weber e l’Etica del capitalismo protestante? Paradossalmente, quando Landini e la sinistra estrema dicono di voler colpire la rendita finanziaria perché solo il lavoro merita di essere detassato, parlano come borghesi protestanti. L’equiparazione rendita finanziaria (cattiva) = rendita pensionistica (cattiva anche questa) è indebita, insostenibile ma sostenuta da tutti. Poco importa che le pensioni derivino da risparmio contributivo, il pensiero che qualcuno incassi del denaro senza aver scambiato niente, irrita, risveglia l’intransigenza protestante in noi (non a caso i tedeschi sono i più avanti di tutti nella dannazione delle pensioni). Poco importa anche che sulla spesa pensionistica pura lo Stato si riprenda almeno il 30% sotto forma di Irpef. Si sa, quando c’è di mezzo l’ideologia, la realtà dei fatti non interessa ad alcuno. E’ successo qualcosa però nel Novecento, che è il più grande secolo dell’umanità per progresso sociale: la nascita dello Stato socialdemocratico ha portato allo sviluppo dei sistemi di previdenza pubblica. All’etica del capitalismo borghese si è affiancato uno spirito mutualistico e solidaristico che ha iniziato a temperare il rigore protestante. Non a caso fino agli anni ’80 i sistemi pensionistici erano di tipo retributivo e non contributivo. Innegabili gli eccessi a cui si è arrivati, ma l’idea di fondo era ed è potentissima: la Comunità si prende cura del cittadino e dei suoi bisogni dalla nascita alla morte in forme diverse in base alla fascia di età (istruzione, lavoro, vecchiaia). Semplice ma grandiosa. Ma ora pesantemente sotto scacco per un massiccio rigurgito di etica protestante. Si sta andando verso la previdenza privata, come nei paesi anglosassoni. Ci vorranno ancora alcuni decenni, ma la strada è segnata ed i trucchetti della legge Fornero sono solo dei momenti del percorso. Il primo, evidente quanto ignorato segnale, è la cancellazione di ogni visione “politica” della previdenza. Le forze politiche e sindacali non parlano mai di pensioni se non in senso clientelistico o assistenzialistico (qualche rivalutazione, qualche aumentino alle minime, qualche norma speciale su uscite anticipate) ma nessuno ne parla mai veramente semplicemente perché sono tutti d’accordo di eliminare la previdenza pubblica. Anche se non lo ammetteranno mai, sono tutti profondamente grati ad Elsa Fornero che è l’ultima politica (tecnocrate veramente) a sobbarcarsi l’infamia di un aumento dell’età pensionabile pagandone in prima persona le conseguenze. Dopo di lei tutti hanno continuato a fare lo stesso ma nascosti dietro lo scudo dell’aspettativa di vita e dell’ISTAT. In pratica, gli ha fornito un perfetto anonimato dietro cui nascondere la faccia.

E’ tempo ora della sesta (ed ultima) verità : spiegare perché politicamente questa scelta è un suicidio. Questa volta ricorro anch’io ai numeri, visto che è l’unica lingua che capiscono. In Italia i pensionati sono circa 13 milioni. Una forza elettorale enorme e tutti contribuenti fedeli. Ed in crescita costante, perché le pensioni interessano anche i lavoratori oggi attivi che si preoccupano per loro stessi, per i loro figli ed i loro padri. Ed anche i giovani, che si preoccupano dell’oggi e del domani. Nessuno li rappresenta, se non le organizzazioni sindacali che però si limitano a scambiare assistenza fiscale con tessere associative. Per quanto questa massa anonima e non organizzata tollererà di essere demonizzata e classificata come parassita sociale? Quanto ci vorrà perché cominci ad organizzarsi come forza politica? Non sto parlando dell’ennesimo partitello  dei pensionati come ce ne sono stati in passato, ma di un vero movimento che è già praticamente costituito avendo una comunanza di interesse e pensiero naturalmente perfetta. Parafrasando l’attuale Presidente del Consiglio che celebrò la sua vittoria elettorale dicendo “non ci hanno visto arrivare” io direi: “non li state vedendo arrivare”. Ma arriveranno e, di questo passo, anche in fretta. 

Che fare allora? Quello che nessuna forza politica, tanto a destra quanto a sinistra, oggi è in grado di fare: proporre un pensiero che riguardi l’esistenza dell’individuo nel suo complesso. Dire che la vita di ognuno dovrebbe essere costruita su tre momenti, che potremmo chiamare FORMAZIONE-PRODUTTIVITA’-SAGGEZZA. I primi venti-venticinque anni di vita dovrebbero essere dedicati alla costruzione di una identità individuale e sociale attraverso lo studio, l’esperienza ed il divertimento. Una seconda, ampia fascia di vita - circa 40 anni - dovrebbe essere dedicata alla realizzazione dei sogni individuali e collettivi lavorando per creare prodotti, servizi e valore pubblico e privato. La terza fase - per quanto possa durare - dovrebbe essere liberata dalle pressioni della quotidianità per consentire all’individuo di riversare nel sistema la propria esperienza di vita attraverso la libertà e la leggerezza. Questo modello, semplice al limite del semplicismo, è però potentissimo per la valorizzazione del capitale umano. Un filosofo contemporaneo ci dice che le grandi opere dell’ingegno sono state create dai giovani. Quando glielo hanno lasciato fare. Chi si occupa di lavoro sa bene che è dai trenta a cinquant’anni che si esprimono le energie migliori. Se te lo lasciano fare. Mentre invece chiudere in una riserva indiana di miseria ed inattività gli anziani ha costi sociali altissimi. Ed è uno spreco. Non l’ho detto io, l’ha detto quel genio di Charlie Chaplin nel “discorso all’umanità” che conclude il suo film capolavoro (Il Grande Dittatore): “lavoriamo per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza”. E’ esattamente il contrario di quello che la politica attuale sta facendo, e non si accorgono che il mormorio sta crescendo. Che stanno arrivando.

La prima forza politica che saprà raccogliere questo mormorio e trasformarlo in un grido di rinnovamento sociale spazzerà via tutti gli altri. Spazzerà via l’Ancien Regime che si è ricostituito in questo inizio di terzo millennio.

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