Quando nel dopoguerra si diede vita alla Repubblica Italiana, si scelse, con la benedizione di Stalin e, più tiepida, di Truman, di stipulare un patto fra mondo cattolico e mondo comunista. La Costituzione, specie nella sua prima parte, trasuda di sintesi e compromessi fra questi due mondi.
Il collante del patto fu rappresentato dalla retorica anti-fascista, un espediente volto a suggellare l’accordo istituzionale. Taluni videro un rischio nell’utilizzo dell’espediente anti-fascista e cioè che qualcuno avrebbe potuto avere la tentazione di etichettare come “fascista” qualunque idea, forza, proposta, esponente fuori da quel patto catto-comunista, finendo per bloccare il sistema democratico e ostacolare l’insorgere di una concezione liberale delle Istituzioni Repubblicane.
Lo stesso De Gasperi, al fine di stemperare questo rischio, propose di celebrare il 25 Aprile come “ festa nazionale per la liberazione del suolo patrio dall’occupazione da parte della Germania nazista”. Un modo per fare del 25 aprile la gioiosa celebrazione dell'unità nazionale. Non fu di certo ascoltato, il 25 aprile divenne una ricorrenza anti-fascista che qualche anno dopo ebbe anche la sua colonna sonora, quella Bella ciao che nessun partigiano si è mai sognato di cantare. Anno dopo anno, sempre meno festa e sempre più occasione rivendicativa.
Per farla breve, gli scettici avevano ragione, d’altronde già all’indomani della fine della guerra, le avvisaglie c’erano tutte, se si pensa che nel solo triangolo tra Reggio, Modena e Bologna, si consumarono vendette ed esecuzioni sommarie di decine di migliaia di persone.
Lo stesso ANPI tollerava molto malamente che facessero parte dell’Associazione, partigiani non appartenenti al mondo cattolico o comunista e molti socialisti, definiti social-fascisti, scelsero di uscirne. Quel clima si diffuse rapidamente e se ne ebbe chiara evidenza con la criminalizzazione dei nostri concittadini, profughi da una terra (Istria, Dalmazia) non più italiana. Costoro non hanno festeggiato il fatto di poter vivere finalmente felici nella Jugoslavia comunista del Maresciallo Tito? Cosa potevano essere se non “fascisti”? Le umiliazioni e le violenze che subirono le genti dei treni che riportavano in patria questi nostri connazionali, passarono sotto silenzio, furono di fatto giustificate, in nome dell'anti-fascismo. Questa infamia ha lordato lo stemma della Repubblica in modo irreparabile e solo la nascita di una Seconda Repubblica potrebbe mondarlo. Il fatto che tuttora, in tante manifestazioni anti-fasciste, diversi giovani, vittime della propaganda, urlino “il compagno Tito ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non é reato”, rende l’idea di quanto tutt’oggi si faccia fatica a scrollarsi di dosso questa zavorra.
Poi venne il tempo dell'antifascismo "militante": teste spaccate e case bruciate, con una certa tacita accondiscendenza da parte di molti, d'altronde, come si dice, "il fascismo non è un'opinione, è un crimine". Allo stesso modo, oggi si considera tutto sommato comprensibile che nelle Università si neghi il diritto di parola a esponenti che non si riconoscono nel mondo catto-comunista. Eh sì, anche costoro non possono essere che fascisti, così si pensa. Così, appena qualcuno governa senza l’appoggio del mondo catto-comunista, è il caso di Meloni, ma lo fu anche per Berlusconi, si grida al pericolo fascista e l’imperativo diventa “de-fascistizzare”. D’altronde questo è un espediente utilizzato anche da Putin per negare il diritto ad esistere dell’Ucraina: essa andrebbe de-nazificata, naturalmente con la benedizione dell’ANPI.
Ogni 24 marzo si onorano le vittime delle Fosse Ardeatine ad opera dei soldati nazisti. Allo stesso modo, ogni 10 febbraio si onorano le vittime delle foibe ad opera dei partigiani comunisti slavi. La prima ricorrenza è considerata sacra e, giustamente, nessuno può permettersi di discuterla. La seconda ricorrenza è invece tuttora accompagnata da una grandinata di distinguo, j’accuse, richieste di “contestualizzazione”, “si, ma” e “si, però”, tanto che in molte manifestazioni anti-fasciste si sente cantare da parte di alcuni gruppi "com'è bello far le foibe da Trieste in giù". Così si comportano gli “anti-fascisti”. Ma è davvero così difficile onorare "senza se e senza ma" ogni 24 marzo le vittime delle Fosse Ardeatine e ogni 10 febbraio le vittime delle foibe? È davvero così difficile condannare gli orrori prodotti dal fascismo e dal comunismo? Sì, in Italia è difficile: se ti definisci anti-comunista, sotto sotto, inevitabilmente, sei considerato un po’ fascista. Sì perché in fondo, secondo molti antifascisti, il comunismo sarebbe anche una buona idea, é che é stata applicata male, quindi i regimi comunisti in realtà cosa sono? Ma ca va sans dir: sono fascisti.
L’ossessione nei confronti del nemico e l’identificazione degli avversari politici col nemico da neutralizzare, é fondamento di ogni totalitarismo. Per questo sostengo che l’atteggiamento politico con cui si pratica questo genere di antifascismo, é in fondo di stampo totalitario. Così, molte persone che, come me, aborrono il fascismo in ogni sua declinazione, provano disagio nell’identificarsi con questo genere di anti-fascismo.
Con tutto ciò, fra pochi giorni, il 25 aprile 2025, si celebrerà l'ottantesimo di questa ricorrenza. Riusciremo a viverla come una festa nazionale? Temo di no, temo che anche quest'anno, anzi, quest'anno più che in altri - pensiamo ad esempio a come sarà accolta la Brigata Ebraica - assisteremo a rivendicazioni violente, vendette e contro-vendette. Ottant'anni dopo. Ottanta.